La gravidanza, per la donna, rappresenta un periodo di trasformazioni fisiche ed emotive, di adattamento e continue scoperte.
L’emergenza sanitaria rappresentata dalla circolazione del COVID-19, sta avendo un notevole impatto sullo stile di vita della gestante e sulla gestione della gravidanza. Durante il periodo di gestazione, una condizione cronica di stress, è uno dei più importanti fattori di rischio sia a livello fisico, psicologico che sociale.
Lo stress sappiamo, è la risposta dell’organismo a stimoli nocivi che influenzano il suo equilibrio interno basale. Questa attivazione genera una tensione profonda nell’intero sistema manifestata da una serie di modificazioni psicofisiche e comportamentali atte a consentire all’organismo la reazione di difesa.
Lo stress ai tempi del coronavirus
Qualunque sia la natura dell’agente stressante, in questo caso il coronavirus, i meccanismi di adattamento che vengono innescati sono simili seppur orientati, da ognuno di noi, verso ciò che maggiormente percepiamo come vulnerabile o in pericolo. Questo conferma che si tratta di una risposta biologica primaria legata alla sopravvivenza, un meccanismo difensivo con cui l’organismo si sforza di superare una difficoltà per poi tornare, il più presto possibile, al suo normale equilibrio operativo basale.
Lo stress che le donne in gravidanza stanno vivendo in questo periodo, è un tipo di stress che fino ad oggi non conoscevano, perché legato all’isolamento e alla riduzione dei contatti fisici, e mentre sempre più numerosi studi dimostrano come lo sviluppo fisico e mentale dipende dal contatto durante tutto il corso della nostra vita, ci chiediamo quale sarà l’impatto che questo tipo di condizione avrà sulle donne in gravidanza.
Attualmente le poche notizie disponibili su COVID-19 in gravidanza sono abbastanza rassicuranti, ma visto l’esiguo numero di studi, è comprensibile registrare una forte risposta di ansia nelle donne in attesa, che si orienta verso l’andamento della gravidanza, i figli, i parenti, il lavoro e il futuro in generale della società.
Il primo studio italiano su donne in gravidanza durande l’emergenza Covid-19
Lo studio SEG-Covid19, promosso dall’Associazione di Volontariato Mammachemamme e patrocinato dal Movimento Italiano Psicologia Perinatale (MIPPE), nasce dalla riflessione della fondatrice e presidente Maria Cecilia Gioia, psicologa e psicoterapeuta, socia fondatrice e consigliera direttivo MIPPE, con il sostegno della psicologa psicoterapeuta Alessia Aloi, socia dell’ODV Mammachemamme e consigliera direttivo MIPPE e Antonio Cerasa, neuroscienziato del Cnr. La dott.ssa Maria Cecilia Gioia lavorando in un reparto di Ostetricia, al momento della diffusione del coronavirus ha intercettato le difficoltà e i bisogni delle mamme in attesa che accedevano al servizio. Così si è deciso di valutare come l’impatto mediatico dato dalla diffusione del Coronavirus stia influenzando la salute psicologica delle donne in gravidanza.
All’indagine, avviata il 14 marzo, hanno risposto oltre 1000 donne con un’età media di 32 anni, ugualmente distribuite nel territorio nazionale. Le donne con un’età media di gestazione di 26° settimana presentano le seguenti caratteristiche demografiche e cliniche: il 46% ha conseguito una laurea e il 58% ha un lavoro dipendente; il 61% è coniugata, mentre il 31% è convivente; infine il 65% versa in condizioni economiche modeste, mentre il 16% presenta difficoltà economiche. Dal punto di vista ginecologico, il 52% è alla prima gravidanza e il 40% alla 2° gravidanza. Il 26% ha avuto precedenti interruzioni di gravidanza, mentre il 14% ha in corso una gravidanza a rischio. Il 63% ha partecipato ai percorsi di accompagnamento alla nascita e il 65% intende farlo.
Per misurare la percezione di pericolo per la salute della gestante, del nascituro e dei suoi familiari dovuto alla diffusione del Coronavirus è stato costruito un questionario ad hoc. Alle donne si è chiesto di indicare su una scala likert l’intensità della loro preoccupazione riguardo l’impatto del Coronavirus sulla loro salute, sull’andamento della gravidanza, sui figli, i loro parenti, il lavoro e il futuro in generale della società.
Il peso dei valori di questa scala insieme alle variabili cliniche-demografiche sono state inserite in un modello di regressione per misurare la loro influenza sui livelli di ansia, depressione e attaccamento prenatale. I livelli di ansia, depressione, attaccamento prenatale e attaccamento verso le proprie figure genitoriali sono stati valutati attraverso l’utilizzo di test standardizzati.
I risultati preliminari
L’analisi dei dati dell’indagine è ancora in progress, ma i primi risultati evidenziano come, in media, i valori di ansia e depressione delle madri studiate superino i livelli di soglia di normalità, influenzando, a loro volta, anche i livelli di attaccamento prenatale (l’insieme di pensieri che la futura madre ha nei confronti del proprio bambino/a prenatale).
Nello specifico, l’analisi statistica evidenzia che l’alta percezione di pericolo per la diffusione del virus, le difficoltà economiche e la presenza di altri figli in famiglia, sono tutti fattori che aumentano lo stato di ansia e depressione delle gestanti, influenzando l’attaccamento prenatale.
L’indagine conferma l’importanza di sostenere la maternità sempre, in particolar modo in questo periodo così faticoso e limitante causato dalla pandemia del coronavirus. Negli ultimi anni un numero crescente di studi ha messo in luce un’associazione tra l’ambiente delle prime fasi dello sviluppo di un individuo e il modo in cui l’organismo si formerà.
Un’analisi condotta sul cordone ombelicale, sulla placenta e sul sangue materno ha messo in evidenza che se la mamma vive un momento di forte stress e preoccupazione durante la gravidanza, il bambino che porta in pancia non solo registrerà questo stress ma ne sarà a sua volta influenzato. Questo principio alla base dell’epigenetica, ci insegna come le modificazioni biochimiche all’interno delle nostre cellule hanno la possibilità di alterare l’espressione di alcuni geni.
E’ importante sottolineare che l’espressione dei nostri geni è influenzata dall’interazione del nostro organismo con l’ambiente esterno, ecco perché tutta la società può avere un ruolo protettivo nell’accompagnamento alla maternità e sviluppo del bambino o bambina. I risultati preliminari evidenziano l’importanza di attuare programmi di prevenzione per evitare che lo stato di salute psicologica delle donne in gravidanza, non solo in questo periodo, abbia il minore impatto possibile sulla donna, il nascituro e la famiglia. Sarà interessante valutare in maniera approfondita gli altri dati e correlarli, per osservare che tipo di risultati emergeranno e quali interventi di prevenzione e sostegno potranno essere strutturati e impiegati nel sostegno delle donne, dei nascituri e delle famiglie.
Dott.sse Cecila Gioia e Alessia Aloi psicologhe psicoterapeute e consigliere MIPPE